venerdì 18 Luglio 2025
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Riccardo Zampagna, il leggendario “Muratore del gol”

Nel cuore dell’Italia calcistica più autentica, fatta di stadi colmi di passione e tifoserie che vivono il pallone come un battito del cuore, esiste un nome che risuona ancora forte: Riccardo Zampagna. Un bomber operaio proveniente dalla provincia, un attaccante ruvido e sincero, che ha incarnato l’essenza del calcio di provincia, quello che emoziona, suda e combatte. In un’epoca in cui l’apparenza sembrava superare la sostanza, Zampagna era un simbolo di verità.

Questo articolo è un viaggio tra aneddoti, curiosità e interviste che raccontano l’uomo e il calciatore, con uno stile narrativo appassionato e coinvolgente, come lo era lui dentro e fuori dal campo.

Riccardo Zampagna: dalle impalcature al sogno Serie A

Nato a Terni il 15 novembre 1974, Riccardo Zampagna non è cresciuto tra i vivai di lusso. Prima di diventare calciatore professionista, faceva il muratore. Lavorava nei cantieri, con la cazzuola in mano e il sogno del gol nel cuore. È da questa esperienza che nascerà il suo soprannome più iconico: “Il muratore del gol”.

Inizia la sua carriera calcistica tra le serie inferiori: Pontevecchio, Triestina, Arezzo. Ma è con la maglia della Cosenza che inizia a farsi notare. Da lì, la strada verso la Serie A si costruisce mattone dopo mattone, esattamente come le case che aveva contribuito a edificare.

L’esplosione a Messina: una stagione da leggenda

La vera consacrazione arriva nella stagione 2003-2004 con il Messina, in Serie B. Riccardo Zampagna segna 21 gol in campionato, trascinando i siciliani alla storica promozione in Serie A, un’impresa che resterà scolpita nella memoria collettiva della città dello Stretto.

Messina è la città che lo adora ancora oggi. La sua grinta, la generosità in campo, il rapporto diretto con i tifosi lo trasformano in un simbolo di passione e appartenenza. Zampagna è l’uomo che sapeva parlare il linguaggio della curva.

Serie A: l’Atalanta e i gol che contano

Nel 2004 passa all’Atalanta, dove gioca due stagioni in Serie A, segnando gol pesanti e diventando subito idolo della tifoseria bergamasca. In campo era un leone: pressing, fisico, colpi di testa e quel sinistro potente che non perdonava. La sua annata più brillante arriva nel 2006-2007, quando torna all’Atalanta dopo l’esperienza al Messina e segna 11 gol in campionato, contribuendo alla salvezza della squadra.

Riccardo Zampagna era un attaccante “vecchio stile”: niente fronzoli, molta sostanza. Piaceva perché era autentico, perché si sporcava le mani e dava l’anima. Il pubblico bergamasco, notoriamente esigente, lo adottò subito come uno di famiglia.

I gol più belli e acrobatici di Riccardo Zampagna

Se c’è una cosa che ha sempre distinto Riccardo Zampagna è la capacità di segnare gol spettacolari con naturalezza, senza cercare la giocata ad effetto, ma trovandola con istinto e tempismo. Uno dei più celebri rimane la rovesciata contro il Chievo Verona con la maglia dell’Atalanta: un gesto tecnico perfetto, realizzato in equilibrio precario, che lasciò il portiere e gli spettatori attoniti. Fu un’esplosione di poesia in mezzo al fango di una partita combattuta.

Un altro capolavoro fu il destro al volo contro la Roma, in un match giocato al Sant’Elia con la Reggina: controllo orientato di petto e conclusione secca da fuori area che si insaccò sotto l’incrocio, lasciando Totti e compagni a bocca aperta. La bellezza dei gol di Zampagna non stava solo nell’esecuzione, ma nella sincerità con cui nascevano, mai premeditati, frutto di pura intuizione.

Le interviste senza filtri: “Io non sono un calciatore moderno”

Zampagna non ha mai usato mezzi termini. Nelle interviste rilasciate nel corso degli anni, ha sempre parlato con onestà brutale, raccontando un mondo del calcio spesso distante dai valori che lui rappresentava.

In una celebre intervista a La Gazzetta dello Sport, dichiarò: “Non mi sentivo parte del sistema. Io giocavo per vincere e per la gente, non per la moda. Il calcio moderno non fa per me.”

Raccontava anche dei suoi trascorsi lavorativi con orgoglio, definendosi un privilegiato per aver potuto vivere due vite: quella del muratore e quella del calciatore. In un’epoca di testimonial e social network, Riccardo Zampagna rappresentava un’altra scuola, più romantica, più popolare.

Un’esultanza da leggenda: il gesto dell’impalcatura

Un altro aneddoto rimasto nella memoria dei tifosi riguarda la sua celebre esultanza mimata da muratore, quando dopo un gol si portava le mani a simulare l’atto di tirare su un’impalcatura. Era il suo modo per ricordare da dove veniva, per dire al mondo: “Io non dimentico chi sono.”

Questo gesto è diventato virale ancor prima dell’epoca social, tramandato da video sgranati e racconti di curva. Zampagna non costruiva solo azioni da gol, ma immaginario collettivo.

L’ultima Serie A con il Vicenza, poi il ritorno alle origini

Dopo esperienze anche alla Reggina e un passaggio al Vicenza, Zampagna decide di chiudere la carriera calcistica tra i dilettanti, dove tutto era cominciato. Veste le maglie di squadre locali umbre come il Sansepolcro, riportando il calcio tra la gente e continuando a segnare anche con i capelli grigi.

Per lui, tornare al calcio di provincia era una scelta d’amore, non una retrocessione. È in quei campi che ritrova il contatto con i bambini, con gli allenamenti su terra battuta, con le domeniche vissute per passione.
Curiosità su Riccardo Zampagna

Nel corso della sua carriera, Riccardo Zampagna ha realizzato oltre 120 gol tra Serie A e B, con picchi realizzativi da autentico protagonista. Nonostante i numeri da big, ha sempre scelto di gestire la propria carriera in prima persona, senza affidarsi a procuratori influenti, con la schiettezza e la genuinità che lo hanno sempre contraddistinto. Non amava le sponsorizzazioni, né cercava visibilità a ogni costo: rifiutava le apparizioni televisive che non avessero un legame diretto con il calcio vero, quello giocato. Rimasto profondamente legato alla sua Terni, oggi partecipa attivamente a progetti sportivi per i giovani, portando avanti i valori che hanno guidato tutta la sua vita.

Zampagna dopo il calcio: tecnico e testimonial del calcio etico

Dopo il ritiro, Riccardo Zampagna ha intrapreso la carriera da allenatore, guidando squadre nei dilettanti con la stessa passione che metteva in campo. È anche attivo in progetti di calcio giovanile e scolastico in Umbria, dove promuove una visione del gioco legata all’etica, al rispetto e alla crescita personale prima che tecnica.

Ha più volte denunciato il sistema delle giovanili professionistiche, accusandolo di mercificare i ragazzi: “Si parla di bambini come di numeri di mercato. Non è questo il calcio che voglio insegnare.”

Le parole dei tifosi: un amore che non muore

Chiedi a un tifoso di Messina, Bergamo o Reggio Calabria cosa significhi Riccardo Zampagna e ti risponderà con occhi lucidi. Per molti, è stato il calciatore che rappresentava il quartiere, la gente comune, quello che aveva fatto la trafila vera, quello che si batteva come un fratello in campo.

Sui social, ancora oggi, centinaia di post celebrano le sue gesta, le sue frasi taglienti, i suoi gol. Anche i più giovani, che non l’hanno visto giocare, ne hanno sentito parlare dai padri, dagli zii, dai bar sport. Perché Zampagna è diventato racconto orale, leggenda popolare.

L’eredità di Riccardo Zampagna

In un calcio sempre più distante dalle persone, Riccardo Zampagna rappresenta una resistenza emotiva. È la prova che si può arrivare in Serie A con le mani sporche di cemento, che si può segnare contro le big senza vendere l’anima, che si può restare uomini anche dentro al business milionario dello sport.

Oggi Zampagna è un nome inciso nel cuore di chi ama il calcio senza maschere. Non ha vinto trofei, ma ha vinto la partita più importante: quella della coerenza e dell’amore incondizionato di un popolo.

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