giovedì 7 Agosto 2025
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Calcio e inclusione: il potere sociale del pallone

Calcio e inclusione viaggiano sempre più spesso insieme. Il calcio è un linguaggio universale, un rituale collettivo, un luogo dove le differenze si annullano e le identità si incontrano. In Italia, questo gioco ha assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più centrale come strumento di inclusione sociale, soprattutto per i giovani stranieri, rifugiati e migranti.

Calcio e inclusione: i numeri parlano chiaro

I numeri parlano chiaro: sono quasi 60.000 i giovani calciatori nati all’estero tesserati nelle società italiane, pari al 10% degli studenti stranieri iscritti nelle scuole tra i 5 e i 16 anni. Questi ragazzi provengono da circa 150 paesi diversi, portando con sé storie, lingue e culture che si intrecciano sul rettangolo verde. Il calcio diventa così un laboratorio di convivenza, dove si impara a rispettare le regole, a collaborare, a condividere obiettivi. È una palestra di cittadinanza, dove il senso di appartenenza si costruisce attraverso il gioco, la fatica, la vittoria e la sconfitta. Calcio e inclusione procedono di pari passo.

Calcio e inclusione: giovani da zone di guerra

Tra i giovani tesserati, spiccano quelli provenienti da aree colpite da conflitti. I calciatori di nazionalità ucraina, ad esempio, sono oggi 1.957, un dato triplicato negli ultimi tre anni. A questi si aggiungono circa 700 ragazzi provenienti da paesi come Afghanistan, Siria, Somalia, Sudan e Yemen. Il loro numero è più che raddoppiato nello stesso periodo, segno di un’accoglienza che passa anche attraverso lo sport. Questi giovani, spesso segnati da esperienze traumatiche, trovano nel calcio un rifugio, un luogo dove ritrovare fiducia e costruire relazioni, un grande esempio di calcio e inclusione.

Il tesseramento: le regole della FIGC

Il tesseramento di calciatori stranieri in Italia è regolato con attenzione dalla FIGC. I giovani residenti nel paese, che non sono mai stati tesserati per federazioni estere, possono essere registrati senza occupare slot extracomunitari, come previsto dall’articolo 40 delle NOIF. Questo permette una maggiore inclusione nei settori giovanili e dilettantistici, favorendo l’integrazione attraverso la pratica sportiva.

Progetti che fanno la differenza: Rete! e Integration Cup

La Federazione Italiana Giuoco Calcio ha promosso negli ultimi anni iniziative concrete per favorire il tema calcio e inclusione. Il Progetto Rete!, attivo da oltre dieci edizioni, ha coinvolto più di 10.000 minori stranieri non accompagnati, accolti nei progetti SAI (Sistema Accoglienza e Integrazione). Solo nel 2024, sono stati 2.768 i ragazzi iscritti, provenienti da 230 centri di accoglienza in tutta Italia.

Refugee Teams e Integration Cup

La fase finale del torneo Refugee Teams si è svolta a Coverciano, sede della Nazionale italiana, dove i giovani hanno avuto l’opportunità di incontrare campioni come Leonardo Bonucci e Bernardo Corradi. La Sicilia, con Palermo in testa, ha dominato il torneo, dimostrando come il calcio possa diventare un veicolo di riscatto e crescita. Un altro esempio è l’Integration Cup, promossa dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), che ha portato in Italia squadre composte da immigrati, rifugiati e richiedenti asilo provenienti da tutta Europa. Il torneo, ospitato a Roma in occasione del Giubileo, ha celebrato il calcio come strumento di dialogo interculturale e coesione sociale.

Il calcio come spazio di libertà e identità

Per molti giovani migranti, il campo da calcio è uno spazio di libertà. È il luogo dove possono esprimersi senza etichette, dove non sono più “stranieri” o “rifugiati”, ma semplicemente giocatori. Il pallone diventa un mezzo per riappropriarsi della propria identità, per costruire nuove relazioni e per sentirsi parte di una comunità. Il calcio popolare, quello delle periferie e dei campi di terra battuta, è spesso il primo punto di contatto tra culture diverse. Qui si gioca senza barriere, senza pregiudizi, con la sola regola del rispetto reciproco. È in questi contesti di calcio e inclusione che si costruisce una società più inclusiva, dove il talento non ha passaporto e l’amicizia supera ogni confine.

Testimonianze che ispirano

Storie come quella di Fiona May, Klaudio Ndoja e Isalbet Juarez dimostrano come lo sport possa trasformare vite. Arrivati in Italia da paesi lontani, hanno affrontato difficoltà, discriminazioni e ostacoli, ma grazie allo sport hanno trovato una strada, un’identità, un futuro. Oggi sono testimonial dell’integrazione, esempi viventi di come il calcio possa essere molto più di un gioco e si debba puntare sempre di più su calcio e inclusione.

Progetti di inclusione

Anche progetti come CROSSPORT, promosso dalla Fondazione SS Lazio 1900, mostrano il potenziale del calcio come strumento di inclusione. Giovani rifugiati hanno giocato insieme ai ragazzi delle giovanili della Lazio e a squadre composte da ragazzi con disabilità, superando barriere culturali e sociali in un clima di rispetto e condivisione.

Il calcio come modello sociale

Il calcio può e deve rappresentare un modello di società. Basta osservare un campo sportivo per vedere una comunità che funziona: multiculturale, solidale, inclusiva. È un microcosmo dove si impara a convivere, a collaborare, a costruire insieme. In un mondo segnato da divisioni e conflitti, il calcio offre una visione alternativa, un esempio concreto di integrazione. Per questo è fondamentale investire nello sport, creare spazi accessibili, sostenere le società dilettantistiche e i progetti di inclusione. Il calcio non risolve tutti i problemi, ma può essere il punto di partenza per un cambiamento profondo, per una società più giusta e aperta. L’unione di calcio e inclusione rappresenta la strada giusta per dare ancora nuovi significati a questo splendido sport.

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