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giovedì 11 Settembre 2025
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Calcio femminile, Milano dedica un giardino a Giovanna Boccalini

Milano ha scelto di ricordare una donna che ha segnato la storia non solo del calcio femminile, ma dell’impegno civile e politico del Novecento. Martedì 9 settembre, in via Ravenna, è stato intitolato un giardino a Giovanna Boccalini, figura poliedrica e coraggiosa, che fu partigiana, sindacalista, assessora comunale e fondatrice della prima squadra italiana di calcio femminile. Un’iniziativa che non è solo commemorativa, ma profondamente educativa, capace di restituire alla città un pezzo di storia troppo spesso dimenticato.

Calcio femminile, Milano dedica un giardino a Giovanna Boccalini

Alla cerimonia erano presenti i familiari di Boccalini, il presidente del Municipio 4 Stefano Bianco, l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi e il presidente dell’Anpi provinciale Primo Minelli. Le parole pronunciate da Bianco hanno racchiuso il senso profondo dell’omaggio: “Oggi rendiamo omaggio a una donna importante che ha dedicato la sua esistenza al consolidamento dei suoi valori: equità, giustizia e solidarietà. Era una guida e un’ispirazione che vogliamo inserire in un contesto che porterà i giovani a domandarsi chi sia stata Giovanna Boccalini”.

Calcio femminile, la pioniera Boccaglini, una vita tra scuola, Resistenza e sport

Nata a Lodi nel 1901, Giovanna Boccalini fu introdotta al pensiero socialista dallo scultore Ettore Archinti, amico di famiglia e primo sindaco socialista della città. Fin da giovane si impegnò nella Società di Mutuo Soccorso, studiò da contabile e ottenne il titolo per insegnare alle scuole elementari. Nel 1925 sposò Giuseppe Barcellona e l’anno successivo chiamò il primo figlio Giacomo, in onore di Giacomo Matteotti, assassinato dai fascisti nel 1924. Nel 1927 si trasferì a Milano, dove continuò a insegnare, mantenendo sempre viva la sua vocazione sociale.

Nel 1933, in un’Italia ancora profondamente ostile all’emancipazione femminile, Boccalini fondò il Gruppo Calcistico Femminile, la prima squadra italiana di calcio femminile. Fu un atto rivoluzionario, che sfidava apertamente gli stereotipi di genere e le imposizioni del regime fascista. Il progetto suscitò un acceso dibattito sui giornali, ma fu presto stroncato dal commissario del Coni Achille Starace, che decretò la chiusura dell’esperimento con la motivazione che “il calcio non è cosa da signorine”.

Il coraggio di una visione controcorrente

La storia di Giovanna Boccalini è quella di una donna che ha sempre scelto di stare dalla parte della giustizia, anche quando questo significava andare controcorrente. Dopo la morte del figlio Giacomo nel 1943, si iscrisse al Partito Comunista e contribuì alla fondazione dei Gruppi di Difesa della Donna. Collaborò con Archinti nell’espatrio in Svizzera di soldati alleati e partecipò attivamente alla Resistenza, entrando nel Comitato di Liberazione Nazionale lombardo come rappresentante dell’Unione Donne Italiane.

Nel Dopoguerra fu assessora all’infanzia nella prima giunta milanese e venne rieletta per un secondo mandato in consiglio comunale. Parallelamente, ricoprì ruoli di rilievo nel mondo sindacale, diventando vicepresidente dell’Inca e successivamente dell’Inps. Morì a Osnago nel 1991, lasciando dietro di sé una traccia indelebile di impegno, sobrietà e dignità.

Il calcio femminile come atto politico

Fondare una squadra di calcio femminile nel 1933 non fu solo un gesto sportivo, ma un atto politico. Boccalini comprese che lo sport poteva essere uno strumento di emancipazione, di visibilità, di rottura degli schemi imposti. Il suo Gruppo Calcistico Femminile giocò una sola partita, ma quella partita fu sufficiente a scrivere una pagina nuova nella storia dello sport italiano. Le sue compagne, giovani donne tra i 15 e i 20 anni, condividevano la stessa passione e la stessa volontà di affermarsi in un mondo che le voleva silenziose e invisibili.

Il calcio, per Boccalini, era anche educazione. Era un modo per insegnare alle ragazze a credere in sé stesse, a lavorare in squadra, a lottare per i propri diritti. Era un campo di gioco che diventava campo di battaglia per l’uguaglianza. E proprio per questo, il suo esperimento fu osteggiato con forza dal regime, che temeva ogni forma di autonomia femminile.

Un giardino per ricordare e ispirare

Intitolare un giardino a Giovanna Boccalini significa restituirle lo spazio che le fu negato. Significa riconoscere il valore di una vita spesa per gli altri, per la giustizia, per la libertà. Significa offrire ai giovani un luogo dove fermarsi, leggere una targa, porsi una domanda. Chi era Giovanna Boccalini? Perché è importante ricordarla? Cosa possiamo imparare dalla sua storia?

Il giardino di via Ravenna diventa così un luogo di memoria attiva, un punto di incontro tra passato e futuro, tra storia e coscienza civile. È un invito a non dimenticare, ma anche a continuare. A portare avanti la sua eredità, a costruire una società più equa, più libera, più solidale.

Un esempio per il calcio di oggi

Nel momento in cui il calcio femminile italiano vive una fase di crescita e di riconoscimento, la figura di Giovanna Boccalini torna ad essere centrale. Il suo gesto pionieristico, il suo coraggio, la sua visione sono un riferimento per tutte le ragazze che oggi scendono in campo con orgoglio. Il suo nome dovrebbe essere conosciuto, studiato, celebrato. Perché il calcio femminile non nasce oggi, ma ha radici profonde, e quelle radici portano il suo nome.

Il giardino a lei dedicato è un primo passo. Ma serve di più. Serve raccontare la sua storia nelle scuole, nei centri sportivi, nei media. Serve riconoscere il valore di chi ha aperto la strada, spesso in solitudine, spesso contro tutto e tutti. Giovanna Boccalini è stata una pioniera, e come tutte le pioniere merita di essere ricordata con gratitudine e rispetto.

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