Una riflessione oggi si impone. Quando nel 2018 la FIGC aprì le porte alle squadre Under 23 dei club di Serie A nel campionato di Serie C, l’obiettivo fu chiaro: creare una palestra competitiva per i giovani italiani, una sorta di ponte tra Primavera e prima squadra, un incubatore per la Nazionale. Una bella ma stimolante sfida. Oggi, a distanza di anni, il bilancio è purtroppo molto amaro: le seconde squadre sono diventate mere vetrine di mercato, utili più per generare plusvalenze che per formare calciatori da Serie A.
Un progetto ambizioso, ma incompiuto
La Juventus Next Gen è stata la prima a credere nel progetto delle Under 23. Poi è arrivata l’Atalanta U23, e nel 2025 l’Inter U23 ha ottenuto l’iscrizione grazie alla mancata partecipazione della SPAL2. Il Milan Futuro, invece, è retrocesso in Serie D e non ha trovato spazio tra i ripescaggi. Sulla carta, il modello ricalca quello spagnolo e tedesco, dove le squadre B giocano regolarmente nei campionati professionistici. In pratica, però, l’Italia non ha saputo cogliere l’occasione.
Numeri e dati: dove sono i frutti?
La Juventus Next Gen ha lanciato diversi talenti: Fagioli, Miretti, Iling Jr., ma pochi hanno trovato continuità in prima squadra. L’Atalanta U23 ha valorizzato profili come Cissé e Scalvini, ma il salto è avvenuto più per necessità che per progetto. L’Inter U23 è appena nata, ma già si parla di prestiti e cessioni per i migliori prospetti.
Il vero problema
Il problema è che la Serie C non è usata per formare, ma per valorizzare economicamente. I giovani giocano, si mettono in mostra, e poi vengono ceduti a club di Serie B o all’estero. Il fine non è tecnico, ma finanziario.
Plusvalenze vs crescita
Le seconde squadre sono quindi diventate delle fabbriche di plusvalenze. I club di Serie A sfruttano la visibilità della Serie C per aumentare il valore dei propri giovani, spesso senza un reale piano di inserimento in prima squadra. Le Under 23 sembrano più interessate al bilancio che alla crescita tecnica.
Un intento diverso
Alessandro Costacurta, ex subcommissario straordinario della FIGC e promotore del progetto delle seconde squadre, in un’intervista rilasciata in un’intervista a FilippoGalli.com: “Militare in un campionato vero, come la Serie C, è fondamentale per la crescita dei giovani. La mia esperienza al Monza nella stagione 1986/87 è stata determinante per la mia formazione, sia dentro che fuori dal campo. Le Under 23 devono essere un ponte tra la Primavera e la prima squadra, non solo una vetrina per il mercato”, aveva dichiarato.
C’è chi ancora ci crede
In occasione del rinnovo del tecnico Massimo Brambilla fino al 2027, la Juventus così sintentizza lo spirito del progetto Next Gen: “La Juventus Next Gen continua a perseguire il suo obiettivo principale: la crescita dei ragazzi, con lo sviluppo individuale e di squadra di talenti da mettere, poi, a disposizione della Prima Squadra”, ha dichiarato il club confermando la fiducia nel progetto Under 23.
E la Nazionale?
Il progetto doveva servire anche alla Nazionale italiana, offrendo minuti e responsabilità ai giovani. Ma i risultati sono scarsi. I talenti italiani continuano a trovare spazio altrove, spesso all’estero, mentre le Under 23 si riempiono di stranieri o di giocatori in cerca di rilancio.
Le criticità del sistema
Sono diverse le criticità del sistema delle Under 23. La prima è la mancanza di coordinamento tra settore giovanile e prima squadra, poi c’è l’assenza di vincoli tecnici in quanto non sussiste nessun obbligo di impiego di italiani. Si vede, inoltre, uno scarso coinvolgimento delle altre società di Serie A.
Cosa servirebbe davvero
Sarebbe davvero utile una riforma del regolamento con vincoli sull’impiego di italiani e limiti di età, incentivi per chi promuove in prima squadra, maggiore coinvolgimento della FIGC e della Lega Serie A, un piano tecnico condiviso tra club e federazione.