Il “tornante nel calcio” è più di una semplice figura tattica: è un simbolo di sacrificio, equilibrio e dedizione. In un calcio sempre più orientato alla velocità e alla versatilità, il tornante ha vissuto una storia affascinante: nato come ala difensiva, divenuto fondamentale nei moduli a uomo, scomparso con l’avvento del pressing a zona, è oggi in fase di riadattamento nei sistemi più dinamici. Analizziamo la sua evoluzione, celebrando i campioni che ne hanno incarnato lo spirito.
Le origini del tornante: un’ala che corre per due
Il tornante nel calcio nasce nel Dopoguerra, in un’epoca in cui i moduli erano rigidi e gli esterni d’attacco dovevano aiutare anche in difesa. Non era un’ala pura, ma un esterno completo, capace di ripiegare fino alla linea difensiva e ripartire in velocità.
Il termine “tornante” deriva proprio dal suo movimento continuo: andata e ritorno lungo la fascia, come un pendolo instancabile. Giocatori come Bruno Conti e Franco Causio ne sono stati l’incarnazione in Italia, mentre a livello internazionale si possono citare le instancabili corse di Garrincha o David Beckham, interpreti del ruolo con più o meno propensione offensiva.
Il tornante negli anni d’oro del calcio italiano
Negli anni ’70 e ’80, il tornante era spesso schierato in moduli come il 4-4-2 o il 5-3-2. Era fondamentale in fase di transizione e nel bilanciamento tra attacco e difesa. Allenatori come Enzo Bearzot e Giovanni Trapattoni ne fecero un perno del loro gioco equilibrato.
Il tornante nel calcio italiano era spesso un giocatore generoso, meno appariscente ma cruciale. Aveva resistenza, senso tattico e capacità di cross. Non è un caso che, ai Mondiali del 1982, Causio e Conti fossero protagonisti tanto quanto i più celebrati attaccanti.
Il declino del ruolo con l’avvento della zona
Con l’arrivo del calcio totale olandese e, successivamente, del pressing a zona degli anni ’90 e 2000, il tornante classico iniziò a perdere terreno. I moduli moderni chiedevano esterni più offensivi o terzini più propositivi. Il tornante non aveva più una collocazione chiara.
Nel 4-3-3, per esempio, le ali diventano attaccanti puri, mentre i terzini devono spingere e coprire l’intera fascia. Il tornante nel calcio è così inglobato in altri ruoli, spesso senza riconoscimento.
Il tornante oggi: ritorno mascherato nei nuovi moduli
Oggi, in molti moduli moderni, il concetto di tornante è stato riadattato. Nel 3-5-2, i quinti di centrocampo sono di fatto dei tornanti moderni: devono correre, difendere e attaccare. Pensiamo a giocatori come Federico Dimarco, Leonardo Spinazzola o Juan Cuadrado: tecnici, resistenti, intelligenti.
Anche nel 4-2-3-1, alcuni esterni bassi o alti interpretano il ruolo in modo ibrido, fondendo le caratteristiche difensive e offensive del tornante. L’adattabilità è diventata una virtù imprescindibile.
Tornante nel calcio femminile: un ruolo in evoluzione
Anche nel calcio femminile, il tornante ha trovato nuova vita. Squadre come la Nazionale italiana femminile o il Barcellona Femení usano esterni molto mobili, che ricordano da vicino il concetto tradizionale di tornante. Le differenze fisiche vengono compensate da una lettura tattica e da una tecnica sopraffina.
I tornanti più iconici della storia
Oltre ai già citati Causio e Conti, ci sono stati altri interpreti indimenticabili del ruolo:
- Gianluca Pessotto: grande equilibrio tattico e intelligenza.
- Angelo Di Livio: cuore, corsa e grinta, protagonista nella Juventus e nella Nazionale.
- Mauro Tassotti: terzino-tornante nel Milan di Sacchi e Capello.
Il tornante nel calcio è stato spesso interpretato da giocatori umili, poco sotto i riflettori ma fondamentali nell’economia del gioco.
Perché il tornante piace ancora agli allenatori?
Perché è un giocatore duttile. Il tornante nel calcio moderno è utile per pressare, creare superiorità numerica, offrire ampiezza e copertura. In tempi di intensa rotazione e pressing alto, chi sa coprire 50 metri di campo con giudizio è una risorsa inestimabile.
Secondo un’analisi tattica pubblicata dalla FIGC, l’importanza degli esterni è cresciuta in modo esponenziale. Il ruolo del tornante ha trovato nuova vita in questo contesto.
Il futuro del tornante: tra nostalgia e innovazione
Il tornante nel calcio non è morto. Ha solo cambiato forma. Potremmo dire che oggi è più un concetto che un ruolo preciso. Chi sa coniugare fatica e tecnica, corsa e lucidità, continuerà a trovare spazio nei campi di tutto il mondo.
Anche nelle serie inferiori italiane, come la Lega Serie C, molti allenatori stanno riscoprendo il valore degli esterni completi, capaci di coprire tutta la fascia. Lì, dove l’intensità fisica è ancora più decisiva, il tornante può fare la differenza.
Il tornante, cuore del calcio operaio
In un’epoca in cui i riflettori sono puntati su chi segna o inventa, il tornante nel calcio ci ricorda che ogni squadra vincente ha bisogno di chi lavora nell’ombra. Di chi corre per due, di chi non si risparmia mai. Il tornante è il simbolo del calcio operaio, quello che unisce romanticismo e tattica, sacrificio e gloria.