Nel calcio italiano degli anni Ottanta e Novanta pochi nomi hanno lasciato un segno tanto indelebile quanto quello di due Roberto: Baggio e Mancini. Due numeri 10, due fuoriclasse nati per incantare. Eppure, mai così lontani. Diversi nei gesti, nel carattere, nel modo di intendere il gioco. Non fu una rivalità urlata, ma una competizione costante, fatta di confronti indiretti, esclusioni eccellenti e sogni di gloria condivisi ma mai incrociati del tutto. Se negli anni 60 e 70 la scena fu di Sandro Mazzola e Gianni Rivera, due decenni dopo toccò a loro.
Due carriere parallele, due destini divergenti
Baggio e Mancini percorsero strade parallele. Il primo fu il ragazzo timido di Caldogno diventato simbolo di bellezza malinconica, col suo codino e la sua visione mistica del calcio. Il secondo, estroverso talento di Jesi, più carismatico e irriverente, punto fermo della Sampdoria dei miracoli. Entrambi tecnicamente sublimi, ma con vite calcistiche scandite da scelte diverse, club diversi e, soprattutto, fortune differenti in Nazionale.
Serie A: teatri diversi per lo stesso spettacolo
Negli anni del massimo splendore della Serie A, Mancini fu l’anima della Sampdoria, il partner perfetto per Gianluca Vialli in un duo da sogno. Portò i blucerchiati allo scudetto del 1991 e a una finale di Coppa dei Campioni persa solo ai supplementari contro il Barcellona. Baggio, invece, esplose nella Fiorentina e poi raggiunse l’Olimpo con la Juventus, vincendo il Pallone d’Oro nel 1993. Passò poi per Milan, Bologna e Inter, chiudendo nel Brescia, lasciando magie ovunque.
Nazionale: sogni spezzati e occasioni mancate
Il vero terreno di confronto fu la maglia azzurra. Qui la rivalità tra Baggio e Mancini si fece più tangibile. Mancini fu spesso ignorato dai commissari tecnici nei grandi tornei, con esclusioni che ancora oggi fanno discutere. A Italia ’90 fu convocato ma non giocò mai. Baggio, al contrario, brillò proprio ai Mondiali: indimenticabili le sue reti nel ’90, la cavalcata del ’94 fino alla finale persa, e le lacrime dopo il rigore sbagliato contro il Brasile. La leggenda di Baggio si nutre anche del suo dolore, quella di Mancini della sua assenza.
Caratteri opposti, leadership diverse
Baggio era introverso, spirituale, tormentato. Comunicava con i piedi più che con la voce. Era il simbolo del calcio romantico. Mancini, invece, era guida in campo e fuori, sempre presente nelle dinamiche di spogliatoio, spesso anche polemico e diretto. La sua leadership era visibile, quella di Baggio era interiore. Entrambi, in modi diversissimi, rappresentavano modelli di ispirazione per tifosi e giovani calciatori.
Il mancato incastro: perché non hanno mai giocato insieme
Nonostante gli anni in cui i loro percorsi si sono incrociati, Baggio e Mancini non hanno mai trovato spazio insieme in Nazionale. I CT del tempo non riuscirono (o non vollero) immaginare un sistema in grado di accogliere entrambi. Troppo simili per coesistere? O forse troppo diversi per armonizzarsi? La realtà è che al calcio italiano è mancata l’occasione di vederli insieme, nei momenti cruciali.
Baggio e Mancini: il cerchio che non si chiude
Ironia della sorte, quando Mancini divenne CT della Nazionale nel 2018, scelse molti suoi ex compagni nel suo staff, ma non coinvolse direttamente Baggio, che nel frattempo si era allontanato dal calcio professionistico e dalla Figc. Due destini ancora paralleli, mai sovrapposti. Ma è impossibile non pensare a quanto Baggio avrebbe potuto dare come uomo spogliatoio o consigliere in un’Italia che, nel 2021, avrebbe poi vinto l’Europeo.
Eredità nel calcio moderno
La rivalità silenziosa tra Baggio e Mancini ha lasciato un’impronta profonda. Oggi si vedono riflessi di Baggio in giocatori come Dybala o Foden, e di Mancini in profili da trequartista moderno come Bernardo Silva o De Bruyne. Entrambi hanno elevato il concetto di fantasia calcistica. E se uno ha trovato la sua consacrazione in panchina, l’altro è rimasto simbolo intoccabile dell’arte di giocare.
Baggio e Mancini: due leggende, due strade
In un’epoca in cui il talento italiano era abbondante, Baggio e Mancini rappresentarono due visioni del calcio. Nessun odio, nessun clamore, ma una rivalità fatta di confronti mai diretti e di traguardi sfiorati o conquistati. Due artisti con pennelli diversi, che hanno dipinto pagine memorabili del calcio italiano. Forse, proprio perché non si sono mai veramente sfidati sul campo in modo frontale, il loro dualismo resta affascinante e sospeso. Come tutte le grandi storie che non si sono mai completamente compiute.