Murano è stata teatro di un vero e proprio “caso” e il calcio, ma non solo, è stato decisamente protagonista. Il 19 settembre, sull’isola di Murano, quattordici ragazzini tra i dieci e i tredici anni si sono ritrovati per una partita di calcio nell’area delle ex Conterie, un’ex zona industriale oggi recuperata dal Comune. Un gesto semplice, spontaneo, che in altre epoche sarebbe stato considerato normale.
Murano: ragazzini multati per aver giocato a pallone
Ma quel pomeriggio, alle 15 e 18, una segnalazione da parte di un residente dell’isola di Murano in riva Longa ha cambiato tutto. Una pattuglia della polizia urbana è intervenuta, ha identificato i ragazzi e ha convocato le famiglie, consegnando loro verbali e sanzioni da cinquanta euro ciascuno. La notizia ha fatto il giro di Murano, ma è piombata anche sulle riviste internazionali e ha diviso l’opinione pubblica. Da una parte il comandante della polizia locale Marco Agostini, che ha invitato i genitori a muoversi nelle sedi istituzionali. “Se vogliono che l’area delle ex Conterie diventi libera al gioco, facciano una petizione al consiglio comunale”, ha dichiarato.
Dall’altra parte, voci come quella di don Roberto Donadoni, parroco del Santissimo Salvatore e Santo Stefano, che ha commentato con parole che hanno toccato il cuore di molti: “Finché ci sono bambini che giocano nei campi, allora Venezia è viva”.
Murano, il regolamento e le sue contraddizioni
Secondo il regolamento comunale, aggiornato nel 2019, il gioco con la palla è consentito solo ai bambini fino agli undici anni e soltanto in alcune aree specifiche di Venezia. Le ex Conterie di Murano non rientrano tra queste. L’assessore alla sicurezza del Comune di Venezia Elisabetta Pesce ha difeso l’operato dei vigili, ricordando che le norme sono chiare e vanno rispettate. Ma le famiglie non ci stanno. Giulia Bardella, madre del più giovane tra i multati, ha spiegato che l’area scelta dai ragazzi è riparata dal sole, ventilata e lontana dai luoghi più affollati. “San Bernardo è pieno di anziani, bar e plateatici. Lì disturberebbero davvero. Alle ex Conterie invece c’è spazio e tranquillità”, ha detto.
Il maestro vetraio di Murano Giancarlo Signoretto, fratello di Pino Signoretto a cui è intitolato il campo, si è offerto di pagare le multe. “Siamo stati tutti bambini. Il fatto che abbiano messo da parte il cellulare per giocare all’aperto tra amici è una cosa bella, da elogiare, non da ostacolare”, ha dichiarato.
La risposta dei ragazzi: una lezione di cittadinanza
La reazione più significativa è arrivata dai ragazzi stessi. Dieci degli studenti multati frequentano la seconda media alla scuola Vivarini di Murano. La loro insegnante, Deborah Morfino, ha trasformato la rabbia in una lezione di educazione civica. “Ho spiegato che i carabinieri hanno fatto il loro dovere, ma che le regole possono essere discusse e cambiate. Ho invitato i ragazzi a far sentire la loro voce”, ha raccontato la docente.
E così è stato. I ragazzi hanno scritto una lettera collettiva al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, chiedendo spiegazioni e proponendo soluzioni. “Io vorrei capire come dobbiamo crescere… Col telefono no, col pallone no, giocando no, è una vergogna”, scrive uno di loro. “Invece di multare dei bambini che vogliono solo giocare pensate a problemi più gravi come i borseggiatori, i padroni dei cani che non raccolgono i bisogni, i vandali che distruggono le nostre città”, aggiunge un altro. “Ci servirebbero più spazi dove poter giocare liberamente senza limiti di età”, propone una studentessa.
Il sindaco ha accolto l’invito e ha fissato un incontro con genitori e ragazzi, per discutere di spazi e vivibilità per bambini e adolescenti in una città che si sta sempre più spopolando e trasformandosi in una sorta di Disneyland per turisti.
Una città che deve scegliere cosa vuole essere
La vicenda di Murano non è solo una questione di regolamenti. È una riflessione profonda su cosa vogliamo che siano le nostre città. Se il gioco diventa un problema, se i bambini vengono multati per una partita di pallone, allora qualcosa si è rotto. Don Donadoni lo ha detto chiaramente: “Il problema non sono i bimbi o i loro momenti di gioco, quanto l’assenza di alternative concrete. Bisogna che la comunità civile tutta e le realtà sociali del territorio facciano la loro parte, perché da soli non ce la facciamo”.
Il patronato “Carlo Acutis” a Santo Stefano, che da un anno ospita ragazzi e anziani tra doposcuola, corsi e attività ludiche, è un esempio di come si possa fare comunità. “Non c’è solo una palla in gioco, ma una sfida educativa più grande”, ha detto il parroco.
Il diritto al gioco come diritto alla città
Questa storia di Murano ci interroga su un tema fondamentale: il diritto al gioco. Non è solo una questione di svago, ma di crescita, di socialità, di salute. I ragazzi di Murano hanno dimostrato maturità, coraggio e senso civico. Hanno trasformato una multa in un’occasione di dialogo, hanno chiesto di essere ascoltati, hanno rivendicato il loro posto nella città.
Ora tocca agli adulti rispondere. Non con divieti, ma con proposte. Non con repressione, ma con ascolto. Perché se è una colpa tirare di pallone, allora dobbiamo chiederci che tipo di società stiamo costruendo.



