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martedì 28 Ottobre 2025
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Nazionale femminile afghana: il ritorno che sfida il silenzio

Ci sono storie che non si raccontano solo con i risultati, ma con il coraggio. La nazionale femminile afghana di calcio è tornata a giocare dopo quattro anni di silenzio forzato, e lo ha fatto in un contesto che va oltre lo sport. Il torneo FIFA Unites Women’s Series 2025, in programma in Marocco dal 26 ottobre al 1 novembre, ha segnato il ritorno ufficiale di una squadra che ha resistito all’oblio, alla paura e all’esilio. La Nazionale femminile afghana ha ripreso il suo posto nel mondo del calcio.

Il nome scelto è Afghan Women United, e già questo è una dichiarazione. Un gruppo di 23 calciatrici provenienti da Australia, Regno Unito, Portogallo e Italia, unite dal desiderio di rappresentare un Paese che non può riconoscerle, ma che loro continuano a portare nel cuore. Allenate dalla scozzese Pauline Hamill, queste donne della Nazionale femminile afghana hanno trasformato l’esilio in un campo di gioco, la diaspora in una squadra, la memoria in una maglia.

Nazionale femminile afghana, il calcio come atto di resistenza

Dal 2007 al 2021, la Nazionale femminile afghana aveva rappresentato una delle conquiste più significative per i diritti delle donne nel Paese. Ma con il ritorno dei talebani al potere, nell’agosto del 2021, tutto è cambiato. Le leggi imposte dal regime hanno cancellato ogni possibilità per le donne di praticare sport.

Le calciatrici della Nazionale femminile afghana hanno dovuto bruciare le divise, nascondere le foto, cancellare ogni traccia della loro attività. Per molte, anche solo essere riconosciute come ex giocatrici poteva significare mettere a rischio la propria vita. Khalida Popal, ex capitana della Nazionale femminile afghana e fondatrice dell’organizzazione Girl Power, ha consigliato alle compagne di distruggere ogni prova. E così è stato. Ma il calcio non è stato dimenticato. Le giocatrici sono fuggite, insieme alle loro famiglie, 115 persone in tutto. E una volta all’estero, hanno ricominciato.

La diaspora che ha tenuto viva la squadra

In Australia, la società Melbourne Victory ha creato la Melbourne Victory FC AWT, una squadra composta quasi interamente da rifugiate afghane. Tra loro c’è Fatima Yousufi, ex capitana e oggi portiera della nuova nazionale. In Texas, le Houston Shine hanno fatto lo stesso. In Italia, Fatema Haidari gioca per la Chiesanuova 1975, una squadra dilettantistica di Prato. Ovunque siano andate, le calciatrici della Nazionale femminile afghana hanno continuato a giocare, a formare squadre, a tenere viva la fiamma.

Ma mancava qualcosa. Mancava il riconoscimento ufficiale, la possibilità di rappresentare l’Afghanistan in campo internazionale. Le regole FIFA impongono che le squadre siano approvate dalle federazioni nazionali, e quella afghana, sotto il controllo talebano, non può farlo. Per questo, fino a oggi, la nazionale femminile non ha potuto partecipare a tornei ufficiali.

La svolta della FIFA

A maggio 2025, il Consiglio della FIFA ha deciso di intervenire, approvando la creazione di una squadra che rappresentasse le donne afghane rifugiate all’estero. Ha organizzato provini in Australia e nel Regno Unito, selezionando le giocatrici che avrebbero composto la Afghan Women United. Non sono state coinvolte le atlete residenti negli Stati Uniti, per motivi di sicurezza legati all’organizzazione dei provini.

Il torneo FIFA Unites Women’s Series 2025 è stato pensato per dare spazio a nazionali femminili escluse dalla classifica mondiale, come Libia, Ciad e Afghanistan. Inizialmente previsto negli Emirati Arabi Uniti, è stato spostato in Marocco dopo che le autorità emiratine hanno negato i visti alle giocatrici afghane, senza fornire spiegazioni ufficiali. Un gesto che ha confermato quanto il contesto politico possa ancora ostacolare il diritto allo sport.

Il debutto e il significato di una sconfitta

La prima partita della Afghan Women United si è giocata contro il Ciad. Il risultato è stato netto: 6 a 1 per le avversarie. Ma il punteggio, in questo caso, è solo un dettaglio. Come ha scritto Io Donna, “hanno perso, ma hanno vinto”. Hanno vinto perché sono tornate in campo, perché hanno indossato una maglia, perché hanno cantato un inno che non è più riconosciuto da chi governa il loro Paese, ma che loro continuano a sentire proprio.

La partecipazione al torneo è un atto politico, culturale e umano. È la dimostrazione che lo sport può essere uno strumento di resistenza, di identità, di speranza. È la prova che, anche quando tutto sembra perduto, c’è sempre un campo da raggiungere, un pallone da calciare, una squadra da costruire.

Il futuro della nazionale femminile afghana

La strada è ancora lunga. La FIFA ha aperto una porta, ma resta da capire se questa squadra potrà partecipare a competizioni ufficiali come la Coppa d’Asia o le qualificazioni ai Mondiali. Le regole sono rigide, e la situazione politica dell’Afghanistan non lascia spazio a illusioni. Ma intanto, le Afghan Women United hanno fatto il primo passo.

Il torneo in Marocco è solo l’inizio. Le calciatrici della diaspora della Nazionale femminile afghana continueranno a giocare, a chiedere riconoscimento, a costruire una squadra che non rappresenta solo un Paese, ma un’idea. L’idea che lo sport appartiene a tutti, che nessuna legge può cancellare la passione, che ogni donna ha il diritto di correre, di competere, di vincere.

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