Nel freddo delle celle, tra sbarre e silenzi, si accende una fiammella di speranza: il calcio come forma rieducativa non è solo uno slogan, ma un progetto concreto, emozionante, narrato con maestria dalla Lega Nazionale Dilettanti attraverso il cortometraggio “Calcio, detenzione e rieducazione”, presentato lo scorso 6 febbraio 2025 negli studi di Sky Sport.
Un progetto che mette il pallone al servizio della speranza
Ideato dall’Area Responsabilità Sociale della LND, il corto è la seconda tappa del percorso “Sopra la barriera”. Dopo la celebrazione del calcio femminile, oggi l’obiettivo è puntato sui detenuti delle carceri di Padova e Lanciano, dove la pratica calcistica si fa strumento di riscatto personale. È un racconto che parla di emozioni intense, momenti di coraggio, paure affrontate, nuove consapevolezze, e della forza rigeneratrice dello sport.
Calcio e carcere: esperienze reali, valori condivisi
La scelta delle sedi non è casuale: negli istituti penitenziari di Padova e Lanciano nasce una rivoluzione silenziosa, fatta di partite, allenamenti, sudore. Qui il calcio è praticato per coltivare la solidarietà, la lealtà, il rispetto delle regole e dell’altro, trasportate in una nuova dimensione personale e sociale. L’aspetto più toccante emerge nei colloqui: riversare nel pallone la passione e rivivere la gioia del gioco insieme ai figli in visita diventa un momento di libertà interiore.
La voce dei protagonisti e dei referenti LND
Luca De Simoni, coordinatore dell’Area CSR della LND, sintetizza il senso del progetto: “Il calcio ha una straordinaria possibilità… riesce perfino a far sentire liberi i ragazzi che lo praticano in un contesto di detenzione”. Le testimonianze dei detenuti danno corpo a queste parole: per molti respirare l’aria della competizione significa riappropriarsi di un sentimento che pareva perduto.
Anche il presidente LND, Giancarlo Abete, ha sottolineato quanto il calcio dilettantistico italiano rappresenti un vero tessuto sociale: “modello di recupero fondato sulla pratica del football”. La creazione di realtà sportive concrete – come la ASD Pallalpiede (calcio a 11) e la Libertas Stanazzo (calcio a 5, militante in Serie D) – è un passo avanti verso l’inclusione reale.
Inclusione, legalità e cooperazione
Il corto, realizzato dall’agenzia Bonfire per la LND, mostra come lo sport sia in grado di abbattere barriere invisibili: linguistiche, sociali, gerarchiche. Le vittorie di discipline come la Coppa Disciplina sono segni tangibili che il rispetto delle regole diventa gesto quotidiano. L’esperienza della proiezione nel carcere Due Palazzi di Padova, con testimonianze istituzionali come la direttrice Maria Gabriella Lusi e l’intervento di Giuliano Giannichedda, oltre a rafforzare il ruolo dello sport, ha permesso un confronto diretto tra detenuti e comunità esterna.
Il simbolismo del campo e la rinascita del singolo
In entrambi gli istituti, la trasformazione del campo – da sterrato a manto sintetico – non è solo una questione estetica: è segno di rinascita. Concezio Memmo, presidente LND Abruzzo ricorda la prima partita, con altri detenuti spettatori, dietro le sbarre, e descrive quei momenti come “una grande emozione che contribuisce settimanalmente alla socialità e al reinserimento”. La pratica calcistica diventa potente metafora della vita, dove accettare vittorie e sconfitte, rispettare ruoli e regole, diventa allenamento per la libertà di domani.
Rischi e opportunità: il ruolo dello sport nel reinserimento
Il progetto va oltre il gesto tecnico: crea comunità, costruisce senso di responsabilità, apre canali comunicativi. Secondo un report ISTAT, l’inclusione sociale tramite sport riduce recidiva del 15‑20 %. L’iniziativa LND s’inserisce in un contesto nazionale che vede sport e cultura come leve di coesione e rinascita (vedi anche i dati del CONI sui progetti sociali). Collegandosi al portale ufficiale della FIGC, emerge che i progetti di responsabilità sociale nel calcio godono di crescente attenzione istituzionale.
La collaborazione tra LND, istituti penitenziari, Agenzia Bonfire, amministrazioni locali, Federazione Italiana Giuoco Calcio e CONI rende il modello esportabile e scalabile, offrendo spunti per attivare analoghe iniziative territoriali in chiave di welfare attivo
Lo sport sociale entra nelle carceri: nuove prospettive
Nel documentario, allenamenti guidati da tecnici come Giannichedda diventano momenti di grande impatto per i detenuti: imparano a gestire emozioni, stress, dinamiche relazionali. Il rispetto delle regole diventa disciplina interiore, la cooperazione definisce legami. Il presidente Abete ribadisce che “si può fare di più”: l’orizzonte è quello di allargare il programma “Sopra la barriera” ad altri istituti, coinvolgendo volontari, famiglie e scuole.
Il pallone come ponte tra dentro e fuori
Alla fine, il cortometraggio “Calcio, detenzione e rieducazione” non è solo uno strumento narrativo, ma un manifesto concreto di ciò che il calcio può diventare: un’occasione di riscatto, il primo passo verso una nuova vita. Il calcio come forma rieducativa diventa allora qualcosa di straordinariamente semplice: una palla da calciare verso il futuro, un segno di fiducia, un modo per restituire dignità. È uno sport che parla di opportunità, non di punizione; è uno sport che offre libertà dove la libertà sembrava persa.
Sono storie come queste che ci ricordano che dietro le sbarre possono nascere spazi di rinascita, comunità solidali, uomini e donne pronti a riscrivere la propria identità. Un messaggio potente, da portare sui campi, dentro le carceri, nelle coscienze.