Il mediano classico è uno di quei ruoli che raramente finiscono in copertina, ma senza il quale nessuna squadra può funzionare davvero. Un interprete discreto, spesso ruvido, sempre determinante. Nel calcio moderno, fatto di pressing e possesso, il mediano classico sembra aver perso il suo spazio. Eppure, la sua storia è ricca, intensa e ancora oggi riecheggia nelle interpretazioni più moderne del ruolo.
Nascita del mediano classico: l’uomo dell’equilibrio
Il ruolo del mediano affonda le sue radici nei primi decenni del Novecento, quando le squadre cominciavano a strutturarsi in reparti. Inizialmente, si trattava semplicemente di un centrocampista arretrato, dedito più a distruggere che a costruire. Era l’uomo d’ordine, di sacrificio, posizionato davanti alla difesa per fare da filtro.
Negli anni ’50 e ’60, con il calcio catenacciaro all’italiana e lo sviluppo del modulo WM, il mediano divenne fondamentale. Un esempio storico? Nils Liedholm, grande allenatore del Milan, spesso diceva che una squadra senza un vero mediano “è come un’orchestra senza contrabbasso”.
Evoluzione: il mediano come regista difensivo
Negli anni ’80 e ’90, il mediano classico si evolve. Non è più solo un interditore, ma diventa anche un regista basso. Un esempio emblematico è Fernando Redondo, mediano del Real Madrid, capace di recuperare palla e impostare con visione e classe.
In Italia, lo spartiacque è stato Dino Baggio, seguito poi da Demetrio Albertini e soprattutto Andrea Pirlo, che ha reinterpretato il ruolo con genialità. Pirlo, più che contrastare, dettava i tempi. Così il mediano si è diviso in due filoni: quello classico, distruttivo, e quello tecnico, costruttivo.
La scomparsa apparente del mediano classico
Con l’avvento del tiki-taka, del gegenpressing e delle squadre corte, il mediano puro ha cominciato a scomparire. Le squadre moderne non vogliono più un solo giocatore che difende e non costruisce: ogni elemento deve saper fare entrambe le fasi.
Questo ha spinto il ruolo a ibridarsi: oggi si parla di centrocampisti “box to box”, registi arretrati, mezzali dinamiche. Ma il mediano classico, nel suo senso originario, è diventato raro.
I grandi interpreti del ruolo
Nel corso della storia, il mediano classico ha avuto protagonisti indimenticabili. Romeo Benetti, simbolo del calcio degli anni ’70: che ha unito carisma, grinta e uno straordinario senso della posizione. Gennaro Gattuso, gladiatore del Milan e della Nazionale, con una determinazione fuori dal comune e un’inesauribile energia. Claude Makélélé è entrato nella leggenda tanto da dare il nome a una vera e propria “zona” del campo, mentre Sergio Busquets rappresenta l’esempio più completo dell’evoluzione del ruolo. Daniele De Rossi, infine, ha fuso la grinta del mediano con la visione e la qualità del regista moderno.
Il riadattamento moderno del ruolo
Oggi, il calcio torna a guardare al passato per ispirarsi. Allenatori come Spalletti, Klopp o Guardiola cercano centrocampisti che uniscano le doti del mediano classico alla capacità di impostazione.
Nel Napoli campione d’Italia 2023, ad esempio, Lobotka ha interpretato il ruolo con intelligenza tattica e capacità di recupero, dimostrando come il mediano classico può tornare a essere centrale anche nel calcio moderno, se opportunamente riadattato.
Il valore tattico e mentale del mediano classico
Oltre alla tecnica e alla tattica, il mediano è una figura carismatica. È il primo difensore e il primo costruttore, quello che detta i ritmi e guida la squadra nei momenti difficili. La sua importanza non si misura solo in numeri, ma anche in equilibrio e leadership.
Come riportato dalla FIGC, la formazione dei nuovi mediani prevede sempre più competenze multiple, ma il cuore del ruolo resta: proteggere, ordinare, far ripartire.
L’insegnamento per il calcio giovanile
Nel settore giovanile, spesso si tende a formare giocatori tecnici e offensivi. Ma ogni squadra ha bisogno di un mediano. Come sottolineato anche nei report della Lega Serie C, formare giovani mediani significa garantire equilibrio e cultura tattica.
Recuperare il valore del mediano classico a livello giovanile può ridare profondità e varietà al calcio italiano.
Il mediano classico non muore mai
Il calcio cambia, ma certi ruoli sono come archetipi: non muoiono, si trasformano. Il mediano classico non è sparito. Vive nei piedi e nella mente di chi sa leggere il gioco, sacrificarsi per la squadra, dare equilibrio dove gli altri vedono solo movimento.
Può cambiare nome, ma la sua essenza resta intatta. Finché ci sarà un pallone e undici uomini in campo, ci sarà bisogno di qualcuno che tenga insieme tutto. E quel qualcuno è il mediano classico.