La violenza sulle donne è un’emergenza sociale che continua a segnare l’attualità italiana e internazionale con numeri dolorosi. Ogni anno, tra dati, testimonianze e cronache, cresce la consapevolezza di quanto il fenomeno richieda un impegno collettivo, costante e trasversale a ogni ambito della società.
In questo contesto, il calcio femminile italiano – attraverso la Serie A Women e il suo Title Partner Athora Italia – ha scelto di compiere un passo forte, simbolico e necessario contro la violenza sulle donne. Nasce così “Violence is not a game”, una campagna contro la violenza sulle donne che ribalta il linguaggio del calcio per trasformarlo in un grido di rispetto, responsabilità e cambiamento culturale.
È un messaggio diretto, potente, che non usa mezzi termini. La campagna contro la violenza sulle donne si inserisce nel percorso già avviato dalla Serie A Women con il progetto permanente #MAIPIÙ, che mira a sensibilizzare il pubblico e a mantenere viva l’attenzione sul contrasto alla violenza di genere in ogni giorno dell’anno, non solo in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Violenza sulle donne, un linguaggio che cambia significato: dal campo alla vita quotidiana
L’idea creativa alla base della campagna contro la violenza sulle donne nasce da un’intuizione tanto semplice quanto efficace: usare termini tipicamente calcistici per mettere in evidenza come, fuori dal loro contesto naturale, assumano significati tutt’altro che innocui. Nel terreno di gioco, parole come pressing, controllo, possesso o punizione fanno parte di tattiche, strategie e azioni sportive. Ma nella vita reale possono trasformarsi in comportamenti tossici, oppressivi, persino violenti.
Il pressing, che in campo è una tattica studiata per recuperare il pallone togliendo spazio all’avversario, fuori dal campo diventa pressione psicologica, molestia, invadenza. Il controllo, che nel calcio permette di gestire il ritmo della partita o la direzione della palla, nella realtà quotidiana può trasformarsi in un abuso di potere, nel tentativo di dirigere la vita di una donna, limitandone libertà, relazioni e movimenti.
Il possesso, fondamentale per dominare un match, nella vita privata rappresenta uno dei segnali più pericolosi dei rapporti malsani, basati sulla gelosia estrema e sulla percezione della donna come oggetto e non come persona. La punizione, che in campo è un gesto tecnico capace di cambiare il destino di una partita, fuori dal campo diventa una minaccia inaccettabile, un atto di sopraffazione che nessuna donna dovrebbe mai subire.
Il valore della campagna contro la violenza sulle donne sta proprio in questa frattura linguistica: dimostra che le parole non sono mai neutre e che il significato dipende dal contesto. È un invito a riflettere sul potere del linguaggio e su come esso possa contribuire a mantenere, oppure a spezzare, dinamiche di violenza e discriminazione.
Violenza sulle donne, Federica Cappelletti: “La violenza non è solo fisica. Esiste anche quella verbale”
Alla presentazione dell’iniziativa, la presidente della Serie A Women, Federica Cappelletti, ha sottolineato il senso profondo di questa campagna contro la violenza sulle donne. “La violenza non è un gioco, lo dice il titolo della campagna stessa realizzata in collaborazione con Athora Italia”, ha dichiarato. Ha poi aggiunto che soltanto il campo da calcio può essere un luogo di controllo, di possesso, di pressing, e che solo nel calcio una punizione può portare a un gol. Fuori da quel rettangolo verde, tutto assume tutt’altro valore.
Cappelletti ha ribadito l’importanza di estendere il messaggio contro la violenza di genere a ogni giorno dell’anno, perché non si tratta di un tema che può essere ricordato solo in certe ricorrenze. Significativa anche la sua attenzione verso la violenza verbale, spesso sottovalutata o ignorata, eppure capace di ferire, condizionare e annientare la libertà del singolo tanto quanto la violenza fisica. Le parole – ancora una volta – sono il punto centrale di tutto.
Le sue parole rispecchiano la volontà della Lega di portare una cultura nuova, che attraversi il calcio ma non si esaurisca in esso. Un impegno che è anche un invito alle società sportive, ai tifosi, ai media e alle istituzioni a sostenere un percorso comune, fatto di prevenzione, educazione e responsabilità.
Il ruolo di Athora Italia: “Le parole hanno un peso. Il cambiamento culturale è necessario”
Accanto alla Serie A Women, Athora Italia ha contribuito in modo decisivo alla realizzazione dell’iniziativa contro la violenza sulle donne. L’Amministratore Delegato Jozef Bala ha evidenziato come la campagna sia nata da una consapevolezza fondamentale: le parole hanno un peso. Nel calcio descrivono schemi, strategie e dinamiche di gioco, ma fuori dal loro contesto possono diventare il riflesso di comportamenti che non devono essere tollerati.
Bala ha ribadito la responsabilità che un’azienda come Athora Italia sente di fronte alla società: non basta parlare di cambio culturale, bisogna agire e sostenere progetti concreti. Da qui l’impegno nel partecipare a un’iniziativa che riafferma il valore del rispetto e il rifiuto totale di ogni forma di violenza.
L’unione tra sport e mondo corporate, in questo caso, dimostra quanto la lotta alla violenza di genere non sia una battaglia di nicchia, ma una questione trasversale che riguarda tutti: imprese, organizzazioni, istituzioni e cittadini. La scelta di Athora Italia di schierarsi accanto alla Serie A Women rilancia un messaggio di impegno civile, etico e collettivo.
Il calcio come megafono sociale: un campo che va oltre il risultato
Il calcio femminile vive un momento di crescita e attenzione senza precedenti. Le atlete italiane sono diventate punti di riferimento non solo tecnici, ma anche culturali, simboli di determinazione, resilienza e cambiamento. E proprio per questo la scelta della Serie A Women è ancora più significativa: usare la propria visibilità per diffondere un messaggio di rispetto e sensibilizzazione significa assumersi una responsabilità concreta, che supera il semplice confine sportivo.
Il calcio è uno dei linguaggi più universali al mondo. Ha la capacità di arrivare nelle case, nelle scuole, nelle piazze e nei social, di coinvolgere giovani e adulti, di unire generazioni diverse. Per questo è ancora più potente quando sceglie di farsi portavoce di temi sociali fondamentali. Con “Violence is not a game”, la Serie A Women dimostra una maturità istituzionale e un coraggio comunicativo che qualificano ulteriormente il movimento del calcio femminile in Italia.
#MAIPIÙ: un impegno che dura tutto l’anno
L’iniziativa si inserisce all’interno della campagna permanente #MAIPIÙ, lanciata lo scorso anno dalla Serie A Women. Non si tratta di un semplice slogan, ma di un vero percorso di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne che si sviluppa attraverso contenuti, iniziative ed eventi distribuiti nel corso della stagione.
Le immagini, le testimonianze e i messaggi diffusi sui social dalla Lega e da Athora Italia hanno lo scopo di mantenere alta l’attenzione del pubblico, ricordando che la violenza sulle donne è un fenomeno complesso che ha bisogno di una risposta costante. Le campagne temporanee sono importanti, ma è solo la continuità a fare davvero la differenza.
Secondo i più recenti dati Istat, ogni anno in Italia migliaia di donne dichiarano di aver subito violenza fisica o psicologica. Una percentuale significativa di episodi non viene nemmeno denunciata, segno che la paura, la vergogna e l’assenza di rete sociale e istituzionale continuano a rappresentare barriere molto forti. È proprio per questo che iniziative come #MAIPIÙ sono fondamentali. Il calcio può contribuire a far sentire meno sole le donne che subiscono violenza e può spingere chi assiste o sospetta episodi di maltrattamento a intervenire o chiedere aiuto.
Il potere delle parole: educare al rispetto attraverso il linguaggio
Al centro di tutto rimane il linguaggio. La campagna contro la violenza sulle donne ci obbliga a guardarci allo specchio e a riflettere su come usiamo le parole ogni giorno. Spesso frasi, modi di dire e commenti vengono pronunciati con leggerezza, senza pensare al loro impatto emotivo e psicologico. Il calcio stesso, specie nella sua narrazione maschile, è stato per anni impregnato di un linguaggio aggressivo, competitivo, talvolta violento.
La scelta della Serie A Women è un invito a trasformare il linguaggio sportivo in un veicolo di rispetto. È un modo per educare nuove generazioni di tifosi e appassionati a un vocabolario più sano, più consapevole e più umano. Una società che cambia parte sempre dalle parole, perché sono esse a definire le relazioni e, spesso, a tracciare il confine tra libertà e sopraffazione.
Il calcio femminile come esempio di empowerment
Non si può raccontare una campagna come “Violence is not a game” senza parlare del ruolo fondamentale del calcio femminile nel promuovere un modello culturale positivo. Le giocatrici della Serie A Women rappresentano un esempio di emancipazione, impegno e autodeterminazione. Mostrano ogni settimana che la forza non è dominio, ma disciplina, lavoro di squadra, rispetto reciproco.
Il calcio femminile è da anni un simbolo di lotta contro gli stereotipi di genere, e per questo è naturale che sia proprio questo movimento a prendersi la responsabilità di lanciare messaggi così potenti. Ogni partita, ogni allenamento e ogni iniziativa sociale contribuiscono a costruire un immaginario nuovo, in cui la donna non è spettatrice ma protagonista, non è oggetto ma soggetto attivo.
Una campagna che non finisce qui
“Violence is not a game” non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. È una campagna che chiede di essere condivisa, discussa, diffusa. Chiede la partecipazione dei club, delle istituzioni sportive, dei media e dei tifosi. Chiede soprattutto un’assunzione di responsabilità individuale contro la violenza sulle donne: ognuno può fare la differenza, nel linguaggio, nei comportamenti, nelle scelte.
La violenza sulle donne può essere contrastata solo con un impegno collettivo che coinvolga ogni ambito della società. Il calcio, per la sua visibilità e la sua capacità di influenzare le masse, ha scelto di mettersi in prima linea con un messaggio che non lascia spazio a interpretazioni: la violenza sulle donne non è un gioco e non deve mai essere normalizzata.
Un calcio che sceglie da che parte stare
La campagna della Serie A Women e di Athora Italia è un esempio concreto di come lo sport possa diventare uno strumento di cambiamento culturale. Non si limita a denunciare la violenza sulle donne, ma offre una chiave di lettura nuova, capace di colpire emotivamente e simbolicamente. Trasformare le parole del calcio in un messaggio sociale è un gesto creativo, intelligente e profondamente umano.
In un mondo in cui la violenza sulle donne continua a essere una ferita aperta, il calcio femminile sceglie di non voltarsi dall’altra parte. Sceglie di usare la propria forza per difendere chi spesso non ha voce. È un impegno che va oltre la competizione sportiva e che dimostra, ancora una volta, il valore sociale e culturale dello sport.



